top of page

La mia guarigione dal disturbo borderline di personalità

Aggiornamento: 23 set 2023


ragazza in piendi a occhi chiusi su scalinata e scritta

Se una decina di anni fa mi avessero chiesto se secondo me si poteva guarire da una malattia mentale avrei detto di no. Il fatto che io sia stata la prima ex-paziente in Italia a parlare apertamente della mia guarigione dal disturbo borderline di personalità porta a pensare che sia sempre stata così come mi vedete: sicura e consapevole. È falso.

Sono cresciuta esattamente come la stragrande maggioranza noi, con la convinzione che chi nasce tondo non può morire quadrato e che la malattia mentale è come un diamante: per sempre. Stranamente però la prima domanda che posi allo psichiatra che mi diagnosticò il disturbo al San Raffaele di Milano fu "ma se ne esce?".

Lui rispose di sì e il resto è storia. A proposito, clicca qui se vuoi leggere della mia diagnosi.


Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e io sono qui a ricordare ancora una volta che da ogni malattia mentale si può guarire, come dice la dottoressa Valeria Ugazio in questa videointervista di Luca Mazzucchelli.


Guarire da un disturbo di personalità: è davvero possibile?

TW: menziono il suicidio più avanti

La guarigione da un disturbo di personalità è di due tipi: clinica e personale.


Quella clinica è più spesso chiamata remissione e avviene nel momento in cui non si rientra più nei criteri diagnostici e non si sperimentano sintomi da un certo periodo di tempo.

Quella personale invece avviene nel momento in cui l'ex-paziente si sente effettivamente fuori dal disturbo e che sta (ri)cominciando a funzionare anche negli ambiti in cui trovava più difficile "stare" per esempio scuola, lavoro, relazioni interpersonali.

La scoperta che i disturbi di personalità non siano così stabili non è recente; basti pensare che la terapia dialettico-comportamentale (il primo protocollo scientificamente riconosciuto efficace per il trattamento della disregolazione emotiva ideata da Marsha Linehan) è del 1993, la bellezza di 30 anni fa!

Quindi perché ancora si parla di gestione e non di guarigione? Beh, prima di tutto perché la scienza ha giustamente bisogno dei suoi tempi, secondariamente perché alcune abitudini sono dure a morire e anche gli scienziati, che sono persone prima che professionisti, hanno le loro resistenze al cambiamento.


Per secoli la medicina è stata una disciplina ad esclusivo appannaggio di una specifica categoria di persone: maschi, ricchi, bianchi e etero che dall'alto del loro privilegio relegarono i pazienti ad un ruolo totalmente passivo. In altre parole erano loro a dare e togliere lo status di 'malato', il paziente doveva solo fare quello che gli veniva detto. Tale modello di approccio detto biomedico è stato superato, non completamente e non da molto, da uno detto biopsicosociale che attribuisce sia la malattia che la guarigione a più fattori: biologici, psicologici e sociali appunto e in cui il paziente ha un ruolo attivo.


Grazie a questo nuovo approccio il rapporto è diventato via via più equilibrato perché entrambe le parti sono riconosciute esperte, chi per professione chi per esperienza.

Detto questo la guarigione è menzionata anche del famoso DSM il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell'American Psychiatric Association che tutti i professionisti usano - chi più convintamente chi meno. Non solo! È prevista anche la possibilità, per quanto piccola, di uscire spontaneamente dai criteri diagnostici del disturbo cioè senza trattamento - seppure, in tutta onestà, essendo una condizione grave che ha una possibilità piuttosto alta di trasformarsi in una disabilità e con alto rischio suicidario, non scommetterei sul farcela da sola, ecco...


Cosa serve per guarire dal disturbo borderline di personalità?

ragazza cammina per strada tra due fila di alberi

Prima di tutto una diagnosi: se non è chiaro che si soffre di un disturbo di personalità e possibilmente quale, come si fa a cercare un trattamento adatto alla propria condizione? Per altro quello alla diagnosi è un diritto del paziente. Non si può iniziare, infatti, nessun trattamento sanitario senza fornire il consenso informato. L'epoca dei trattamenti a-specifici - ossia non specifici - per i disturbi mentali dovrebbe essere finita da un pezzo. Dovremmo pretendere che si smetta di guardare alla malattia mentale come una condizione immutabile e alla psicologia solo come una specie di chiacchierata. Gli psicologi sono professionisti sanitari!

Ovviamente esiste la sofferenza psicologica non riconducibile ad una psicopatologia ma non è a questa che mi sto riferendo e la diagnosi va comunicata se c'è qualcosa di diagnosticabile.

L'accesso a un percorso terapeutico strutturato: torno alla questione dei percorsi a-specifici e ci aggiungo il problema dell'accesso alle cure. A causa dell'urgenza e della serietà dei disturbi di personalità, la presa in carico dovrebbe essere strutturata e specifica. Il trattamento proposto quindi dovrebbe essere riconosciuto valido su quella specifica condizione dalla comunità scientifica. Un esempio è appunto la DBT ma ce ne sono molti altri: la terapia basata sulla mentalizzazione MBT è un'altra di queste, la TFP - transference focused psychotherapy, il metodo STEPPS e tra le terapie messe a punto in Italia ci sono la GET - gruppi esperienziali terapeutici e la Terapia Metacognitiva Interpersonale.


Questi protocolli richiedono prima di tutto la formazione dei professionisti e la presenza di un'équipe terapeutica, una struttura che possa ospitare i pazienti e i terapeuti anche per diverse volte la settimana se necessario e che possa sistemare la terapia farmacologica, contenere le crisi ed eventualmente richiedere un ricovero.


A causa del costo elevato sarebbe ideale che fossero erogati dal servizio sanitario nazionale nelle strutture pubbliche nei LEA ovvero i livelli essenziali di assistenza, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket. Un'altra cosa che dovrebbe essere garantita è la presenza di almeno un'équipe specializzata in almeno un trattamento per i disturbi di personalità in ogni città, cosa che al momento non è assolutamente garantita.

Una persona potrebbe avere bisogno di una presa in carico di questo tipo e non trovare un centro pubblico in tutta la Regione ed essere quindi costretta a un pellegrinaggio fuori Regione in una ricerca disperata che spesso serve solo a tamponare e prendere tempo.

La presa in carico familiare: per ogni persona che soffre di un disturbo di personalità c'è una famiglia che non sa di cosa si tratti e di conseguenza non ha idea di come gestire la situazione. Genitori, compagne, figli che non hanno tregua: sono spaccati a metà tra l'amore che provano per la persona e l'odio che sentono per il disturbo. Sono affaticate e finiscono per non sapere più dove inizia l'uno e finisce l'altra, è così che si confondono i piani e inizia a odiare entrambi.


Le relazioni tra i vari membri della famiglia per altro potrebbero essere disfunzionali, è vero anche questo, e potrebbero alimentare il disturbo. Se non tenute in considerazione potrebbero addirittura vanificare gli effetti della terapia. Non si può però pensare di risolvere un disturbo di personalità allontanando i pazienti dal contesto sociale, mettendoli tutti in una grande gabbia dorata iper-protetta; per quanto dorata sempre gabbia rimarrebbe.


La National Education Alliance for Borderline Personality Disorder è un'associazione americana presente anche in Italia, che si è occupata di decodificare la DBT e di creare una versione adatta ad essere insegnata ai familiari. Questo approccio proattivo ha permesso a moltissimi di:

  • uscire da una spirale di incompetenza

  • di diventare anelli di congiunzione tra Esperti per Professione ovvero i terapeuti e pazienti

  • di prolungare e potenziare gli effetti positivi della terapia anche nel contesto familiare.

Ecco perché sarebbe importante riuscire a erogare una presa in carico strutturata e familiare.

Una rete di supporto articolata: una persona con un disturbo di personalità ha una malattia cronica che interferisce con il suo funzionamento in diversi ambiti della vita. La scuola, l'università, il lavoro, la genitorialità, la capacità di stare in relazione - solo per nominarne alcuni - oltre a quello della salute e del benessere.


Il disturbo comincia a limitare la persona di solito già in pre-adolescenza e deve essere intercettato il prima possibile. La psicoeducazione comincia a partire dal supporto alla genitorialità, spesso già quello può essere sufficiente a contenere e risolvere la situazione.

Se questo non succede il disturbo può diventare disabilitante e creare una serie di precedenti negativi che si trasformeranno in una profezia che si autoavvera.

Oltre a medici - anche pediatri e medici di famiglia - psicologi e genitori quindi si dovrebbe considerare di aprire un canale comunicativo con gli insegnanti, si dovrebbe poter ricevere un supporto anche in università o sul posto di lavoro. Tanto per citare solamente alcune delle aree interessante: il fine dovrebbe essere quello del raggiungimento di autonomia e indipendenza.


Il diritto all'oblio psichiatrico: non solo i malati psichiatrici fanno fatica a vedere rispettati i loro diritti e far accettare alle persone il fatto di poter essere guarite.

Chi ha avuto un tumore ed è guarito è stato discriminato allo stesso modo per decenni. Costretti loro malgrado a fornire dettagli sulle loro condizioni di salute, hanno subito indagini e tutt'oggi se voglio per esempio chiedere un mutuo devono presentare tutta la loro storia clinica per poi vederselo magari rifiutare.

Ecco perché è da poco stata portata alla Camera una proposta di legge che tuteli il diritto all'oblio oncologico ovvero a non essere considerati malati per tutta la vita a non diventare schiavi di una malattia che non è più, non c'è più e che non è mai stata una scelta in primis.


Non esiste un'idea simile legata all'oblio psichiatrico, non è ancora una nostra battaglia giacché non siamo ancora arrivati neppure a credere che dalla malattia mentale si guarisca, come dicevo in apertura di post. Eppure sono sicura che ce ne sarà presto bisogno e voglio anticiparvelo.


Ma quindi ci si può davvero aspettare di poter raggiungere la guarigione dal disturbo borderline di personalità?

statistiche di guarigione dal disturbo borderline di personalità

La riposta è sì. La guarigione dal disturbo borderline di personalità è possibile. Non solo, le percentuali tendono ad essere piuttosto alte e sul lungo periodo! Parlando di remissione dai sintomi, più del 90% dei pazienti che hanno finito il trattamento da 10 anni non ha sintomi, più dell'80% dopo 10 anni non ha avuto ricadute. Si abbassano al 50% quelli che a 10 anni hanno una recovery completa.



Le vere difficoltà si incontrano nel funzionamento sociale e non riuscire a trovare la propria vocazione, il proprio scopo.


Mi sembra profondamente ingiusto che a causa di questi due parametri si passi sopra a delle percentuali tanto promettenti e soprattutto si lasci in sospeso la guarigione perché ci potrebbe essere una ricaduta.

Anche chi ha ricevuto diagnosi di disturbo borderline di personalità merita di avere speranza!

aforisma sulla recovery di Demi Lovato

L'angolo dei consiglio non richiesti:

  1. Preparatevi a guarda in faccia il pregiudizio. So che quando si varca lo soglia dello studio medico ci si aspetta di trovare qualcuno che voglia accompagnarvi verso la guarigione dal disturbo che vi affligge, ma spesso non è così.

  2. Preparatevi a incazzarvi di brutto! Il sistema non ci aiuta, le istituzioni non ci aiutano, il più del lavoro lo stiamo facendo ancora noi. Si sta migliorando, si va avanti ma la fatica c'è ed è tanta.

  3. Credeteci. Non in maniera cieca, non in maniera incondizionata: credete al lavoro che state facendo e al fatto che darà dei frutti.

 
 
 

2 Kommentare

Mit 0 von 5 Sternen bewertet.
Noch keine Ratings

Rating hinzufügen
Chantal
Chantal
22. Sept. 2023
Mit 5 von 5 Sternen bewertet.

Questo post è il post di cui avevo bisogno oggi. Ormai ti seguo da qualche anno e ammetto di essere contenta di aver trovato i tuoi contenuti, perché forse ora non sarei dove sono sia a livello di percorso terapeutico sia a livello di conoscenze valide sul mio disturbo.


Il tema della guarigione mi è caro, perché ad oggi faccio molta fatica a vederne la possibilità. So che c'è lo spiraglio, ma trovo difficile ricordarmene in certi momenti molto "bui" del percorso. Per questo, come dici tu, è importante che ci sia un professionista che ci creda per te. Io mi affido ai miei terapeuti quando mi scordo che la possibilità di guarigione esiste anche per me.


Oltretutto io sono…


Gefällt mir
Federica Carbone
Federica Carbone
22. Sept. 2023
Antwort an

Sono io che ti ringrazio! Tanto per cominciare per la fiducia e per essere rimasta per tutto questo tempo, non è una cosa scontata. Inoltre, mi commuove sempre un po' quando mi raccontate come va il percorso e la tua testimonianza è preziosa.


È vero, trovare le cure nella propria regione di residenza non è affatto scontato, la sanità in Italia soprattutto tu questo è a macchie: ci sono delle regioni fortunate e altre fin troppo sprovviste.


Sono contenta però che tu abbia trovato un'équipe e che ti sia potuta spostare. Ti faccio tutti i miei migliori auguri per il tuo percorso, spero sarà sempre terreno fertile. 🌷

Gefällt mir
DSC06815.jpg

Ciao e grazie di essere qui!

Dopo anni di social ho in programma di dare libero sfogo alla curiosità e al mio sguardo da ex paziente, tornare a produrre contenuti più approfonditi, rovistare tra le notizie e coinvolgere le mie conoscenze per rispondere a tutte le domande alle quali, di solito, non troviamo risposta né online né sui social.

Non perdere nemmeno un post.

Grazie per l'iscrizione!

Ti serve qualche informazione in più?
Se hai dubbi, curiosità o vuoi raccontarmi cosa cerchi, scrivimi pure qui sotto.
Ti rispondo con calma, senza fretta. 

Grazie per l'invio!

© 2023-2025 fatto con ❤️ da Federica Carbone. 📸 di Ilaria Rosso

bottom of page